Torno dopo
tanto tempo a parlare di lavoro e di persone che amano il loro lavoro.
Oggi vi
racconto di Umberto.
Ho
incontrato un gigante buono.
Gigante,
perché molto alto, gigante nel modo che
ha di coltivare le sue virtù.
Buono:
stabiliscilo tu che leggi, se sbaglio.
Una vita
interessante: scelse di vivere da solo poco prima della maggior età, stanco di
assistere a dissapori nella coppia genitoriale.
Da allora
dovette fare i conti con il bisogno di lavorare per provvedere a sé, scelse la
carriera militare.
Nel periodo
in cui fu militare di professione, divenne infermiere professionale, ma non si
limitò a questo, si spinse in missioni all’estero, in Africa, missioni
pericolose.
La malattia
del padre lo spinse a scegliere nuovamente:
decise di prendersi cura del genitore e si dimise dall’esercito. Scelte
coraggiose, che cambiano il destino della propria vita.
Da quel
momento la sua vita è dedicata ai malati, per lo più ai malati terminali,
quelli che più di tutti hanno bisogno di attenzione, calore, competenza,
gentilezza, calma.
Lavora
troppo, come tutti coloro che amano il proprio lavoro. A volte lavora di notte
e anche di giorno, senza che questa notevole fatica modifichi il suo modo di
essere. Né stanchezza né nervosismo trapelano quando entra in casa dopo aver
lavorato notte e giorno, solo un andamento più lento e occhi più piccoli. Ama
fermarsi a dialogare con colui/colei di cui si occupa, senza guardare
l’orologio. E’ indubbio che esistano due persone, il/la malat* e l’infermiere,
ma, questo atteggiamento permette di percepire quanto il rapporto tra i due sia
benefico, sicuramente per il/la malat*, forse per entrambi.
Per fortuna
esistono ancora dei giganti buoni.
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