Tutti
hanno diritto alla felicità, lo hanno anche sancito i Padri
costituenti degli Stati Uniti d'America nel lontano 4 luglio del
1776, lo sappiamo tutti noi viventi quanta voglia abbiamo di felicità
e quanti errori facciamo cercandola.
P.
Virzì racconta la storia di Beatrice e di Donatella, due donne molto
diverse: Beatrice una nobile, amica dei potenti della Terra (“Clinton
è simpatico, ma Hillary è una stronza”, “il Presidente è buono
di cuore”) abituata al lusso (la felicità è una tovaglia
di lino di fiandra, un gioiello, un profumo....)e finita in
comunità terapeutica per aver amato un uomo violento, così come
Donatella, una giovane di periferia, con il corpo tatuato e chiusa in
un doloroso silenzio.
Interessante
osservare le reazioni dei “normali” alle imprese delle due donne,
che cercano di ritrovare l'amore, Beatrice cerca il suo uomo, mentre
Donatella cerca ossessivamente suo figlio, adottato e mai più
incontrato.
Scappano
insieme dalla comunità terapeutica, incontrano altre umiliazioni e
reagiscono con violenza alla totale mancanza di amore che
contraddistingue la loro vita: genitori anaffettivi, assenti,
indifferenti e amanti violenti.
Si
proteggono dal dolore della loro vita con la follia, Beatrice,
logorroica e bugiarda, Donatella, depressa fino a tentare il
suicidio.
A
momenti si sorride o si ride delle situazioni ridicole che la coppia
di donne crea involontariamente, a volte si piange sentendo il dolore
profondo di chi non è amato.
Bravissime
le due attrici, Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo di Beatrice e
Macaela Ramazzotti nel ruolo di Donatella.
Paolo
Virzì e Franecesca Archibugi mettono al centro del film “la
pazzia” costringendo lo spettatore a riflettere sul fatto che
“ciascuno di noi è una patologia vivente”(da
un'intervista al regista).
Sono
forse più normali i due uomini violenti e volgari che hanno rovinato
la vita di queste due donne, colpevoli solo di averli amati?
Sono
forse più normali i genitori di queste due donne, genitori che hanno
abbandonato a loro stesse queste figlie scomode?
Un
film da vedere per riflettere ancora una volta sull'importanza
dell'amore dei genitori verso i figli venuti al mondo, sul difficile
ruolo degli operatori sanitari e degli assistenti sociali e del ruolo
che tutti noi abbiamo quando incontriamo chi non riesce a vivere
camminando nella strada segnata da altri. Sono incontri che turbano
moltissimo e che spesso liquidiamo dicendo: “Ma quella è pazza, è
proprio pazza”.
Tutti
abbiamo incontrato persone che sono state sopraffatte dalla
sofferenza, tutti possiamo comprenderla.
Goffredo
Fofi, critico cinematografico, su Internazionale del 23.05.2016
definisce “La pazza gioia” un buon film, ma un film di
ieri, sulla scia dei maestri della commedia italiana.
Non
sono d'accordo, perchè per rappresentare la follia d'amore servono
parole senza tempo, non servono effetti speciali e tecniche
d'avanguardia, serve invece conoscere questo dolore per farlo sentire
a tutti.
Torino,
30.05.2016
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