Complice
la luminosa giornata di sole e la presenza di un'ospite a me cara, ho deciso di dedicare la mattinata alla mostra allestita
nelle scuderie juvarriane di Venaria Reale.
La
mostra comprende 275 foto scattate in trent'anni di carriera
professionale in varie zone del mondo.
Ogni
fotografia racconta una storia e, grazie alla suggestiva
istallazione di Peter Bottazzi, ogni foto è sospesa su un telo,
accoppiata ad un'altra, posta sul lato opposto del telo, che
affronta un altro tema in un altro tempo, quindi si avanza , tra le
275 fotografie e piano piano si entra nel mondo emozionale di
McCurry, si colgono i temi a lui cari e i luoghi dove si è recato
molte volte, luoghi amati.
Sono
quindi 275 storie, collocate senza un esplicito criterio, temporale,
spaziale, tematico.
Lo
spaesamento, l'apparente disordine, forse, ha il merito di portare il
visitatore nella stessa situazione dell'autore, ovvero quella di
cogliere il momento, l'attimo, la situazione e la relativa emozione.
Ha
il merito di mostrare la ricchezza della diversità umana che,
nonostante la globalizzazione culturale del mondo contemporaneo,
ancora esiste, cosa che è testimoniata da questi scatti.
La
mostra ha il merito di mostrare tutti i temi cari all'autore: la
devastazione delle guerre, la violenza nei confronti delle donne, la
devastazione della forza della natura o del terrorismo, gli ultimi
nomadi esistenti sulla Terra, la situazione dei tibetani, le
disuguaglianze sociali.
Insieme
ai macrotemi incrociamo i volti degli individui e le loro emozioni
colte negli sguardi: paura, rassegnazione, fierezza, curiosità,
fino all'assenza dello sguardo nelle donne in burqa, alcune di
spalle, in fila come le scarpe che devono comprare, altre frontali,
che indossano stoffe uguali alle tende, oggetti tra gli oggetti.
Sono
immagini da cui si può imparare, sono immagini che ti cambiano.
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