Camminando lungo le rive
del Po
sei abbracciato dagli
alberi,
quelli che si stanno
vestendo per la primavera, ancora spogli ma già verdi, di un verde
pallido che ricorda i capelli dei bimbi biondi appena nati, una
peluria che promette folte chiome al vento,
Quelli che sono in
ritardo, che tardano a vestirsi di verde,
Quelli che sono già
fioriti,
Quelli che si allungano
per raggiungere il fiume, mollemente si adagiano con dolcezza andando
verso l'acqua.
Poi ci sono quelli che non
ci sono più.
Di loro rimane a volte un segno, un cippo dove è
cresciuta dell'erba, a volte solo un vuoto, a volte il vuoto è lungo
metri e metri e diventa desolazione.
Se ti siedi su una
panchina a guardare il Po, se sei vicino ad un albero noti come i
suoi rami siano braccia tese nell'aria per dare sostegno e riposo
agli uccelli, vedi correre uno scoiattolo lungo il trono, vedi la
vita che scorre e ne rimani incantata, rapita.
Eppure sei in città, non
lontano da lì scorgi la Mole Antonelliana e le file di palazzi che
si susseguono per kilometri dentro la città.
Ecco che sei difronte alla
riva delle oche, dove qualche anno fa tante oche passeggiavano
impettite tra passeggini e sedie a rotelle.
Ne vedo una, forse è un
abbaglio, è una sopravvissuta.
All'improvviso tre germani
reali si lasciano trascinare dalla corrente del grande fiume
italiano, quello che dà la vita a milioni di cittadini che vivono
lungo le sue rive.
Sono di nuovo qui e
lontano da qui. Osservo l'acqua che scorre e penso a tutti coloro che
amano andare controcorrente. Un po' resisti, sei forte, la corrente
la governi, poi se nessuno ti è accanto, lo sai che la corrente ti
travolgerà, è inevitabile, basta osservare la natura, l'acqua, i
pesci, gli uccelli, gli alberi e tutto sarà chiaro.
Sarebbe semplice, se noi
uomini non complicassimo sempre tutto.
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